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Il Castello

Essere in paradiso è uno stato d’animo, diverso per tutti. Mentre la scelta più comune per raggiungere il Nirvana è attraverso orde di partner sessuali attraenti e disponibili e / o fiumi di bevande energetiche e videogiochi, in molti concordano che vegetare in qualche spiaggia tropicale, sorseggiando cocktails e osservando il panorama, possibilmente con annesse modelle Instagram in pose assolutamente non erotiche, è -la- definizione di un buon modo per passare il tempo divertendosi e rilassandosi.

Eppure, c’è ancora quella parte irriducibile di persone che avrebbe qualcosa da ridire su uno scenario così idilliaco, commentando che è tutto sbagliato, che in realtà non è bello come nelle immagini, come osi sfruttare i poveri per il tuo divertimento , e così via.

E poi, nel peggiore dei casi, ci siamo noi.

Andare a Nuova Dehli non sembrava piú una buona idea.

L’ultima corsa della giornata

Il nostro soggiorno nella famosissima Goa è andato così male, con tanta di quella isteria e fantasie represse sulle numerose applicazioni del napalm che, per la prima volta nella nostra vita da viaggiatori, abbiamo deciso di gettare la spugna e scappare in pompa magna dal paese come se l’esercito fosse alle nostre costole.

Il che era quasi esattamente quel che é successo: siamo riusciti a salire su un autobus notturno da Goa allo stato del Karnataka per raggiungere la città di Bangalore, in particolare il suo aeroporto. Nel complesso non é stato un viaggio orribile, se non si conta l’odore del sapone per urinatoi che veniva costantemente sparato attraverso l’aria condizionata.

Come sempre, alle 2:00 del mattino siamo stati svegliati da sbattimenti di porte e urla ancora piú forti. Solo che questa volta era la polizia militare della frontiera, che ha notato rapidamente che eravamo gli unici bianchi a bordo. Che provenivano da un’area di feste selvagge in cui l’alcool è fortemente detassato e i funghetti magici sono parte integrante del menú del turista.

Cosa succede se non suoni il calcson in India.

Il soldato é rimasto di fronte a noi per un po’, ripetendo senza sosta alcune cose nella sua lingua, enfatizzando una parola specifica:

“Abrrdabfadiu dhahg bulabula drinks? Drinks? Huahipoporati DRINKS? ”

Stordito dal poco sonno e dal bombardamento aromatico menzionato in precedenza, la sua richiesta di bevande mi sembrava abbastanza legittima, quindi ho fatto ciò che qualsiasi altro turista amichevole avrebbe fatto.

“Uuuuuh sir yes sir! Drinks? Drink!”

Così ho sorriso e gli ho dato una bottiglia d’acqua.

“Drinks Barababarabada? Drinks? D-R-I-N-K-S ?!?!”

“Hmmmmmmm drinks sir? Questo é drink! Vuoi drink? ”

Forse non aveva sete.

Qualche altro sguardo disgustato e “DRINKS?” piú tardi, il prode soldato ritornó alla sua posizione e il viaggio riprese in tutto il suo splendore e puzza di cesso.

 

In arrivo a Bangalore (o Bengaluru)

Bangalore è stato un altro incubo pieno di clacson assordante, truffe cinematografiche ed esempi veramente bassi di dignità umana, che meritano la loro storia separata.

Eppure, proprio in quella cittá abbiamo avuto una delle pochissime esperienze positive in tutta l’India: la visita al castello di Windsor. O meglio, la sua replica Indiana.

Qualcuno ha avuto la brillante idea di ricreare l’umile dimora reale e di trasformarla in un museo di storia locale, in particolare il periodo colonialista.

Non é una sorpresa n che il posto sia anche dato in affitto per matrimoni, né che per certe occasioni venga decorato in modo opulento come nei film. In effetti, sposarsi in un castello reale, con fuochi d’artificio, fiori e balli stile Bollywood deve essere un’esperienza memorabile. Mi chiedo se il prete offici la cerimonia vestito da guardia reale …

O forse cosí.

 

Final mission: start!

Siamo arrivati ​​proprio durante la preparazione di una di un matrimonio, con gruppi di operai che si mescolavano con orde di turisti prevalentemente Asiatici. Il sole splendeva, gli zelanti lavoratori si facevano selfie e noi, innocenti e sorridenti, li abbiamo passati e ci siamo diretti verso la grande facciata ricoperta di fiori, e ció che sembrava l’ingresso principale.

Abbiamo potuto imparare molto durante il nostro tour dentro il castello: chi ha assunto quale carica, cosa ha fatto questa famiglia in quella zona, come ogni singola parte di ogni singolo animale è stata trasformata in un mobile dall’aspetto piuttosto scomodo e quanto devo personalmente ai videogiochi in stile stealth-action, altrimenti noti come “non farti sgamare dalle guardie”.

Tra le affascinanti opere d’arte che ci circondavano, a un certo punto Beata ha notato un dettaglio interessante: tutti i visitatori esibivano braccialetti marroni, rosa, blu, proprio come se lo avessero comprato all’ ingresso, e noi no. Due giovani (l’etá é solo un numero, dopotutto) europei vestiti come barboni in modo buffo stavano mezzo a un mucchio persone asiatiche piú avanti con l’etá, decisamente meglio vestite, senza l’ultimo gadget ritenuto necessario per essere considerato figo dalle guardie.

Spesso in questi casi, nei videogiochi menzionati prima, ti nascondi all’interno di una scatola vuota o passi in modalitá Rambo, ma nessuna di queste sembra essere una valida opzione in quelle circostanze. Fortunatamente, Beata ha fornito un suggerimento più intelligente:

“Nascondi i polsi sotto la tua bandana”, disse, mentre avvolgeva il pareo attorno ai suoi, “e cerca di non dare nell’occhio”.

Chissá che voleva dire.

Assolutamente niente di sospetto.

 

La mezz’ora successiva è passata in una miscela di “ooooh, guarda quanto è bello quel ritratto nell’altra stanza!” abusando di ogni muscolo per scivolare da una colonna all’altra, mantenendo uno sguardo da stalker su chiunque o qualcosa cosa assomigliasse alla sicurezza. Il tutto mentre cercavamo di capire dove avremmo messo l’uscita se stassimo progettando un palazzo reale in India.

C’ é stato un paio di volte in cui una guardia si è accorta di come i nostri polsi erano molto coperti e ha cominciato a camminare nella nostra direzione, ma tutti quei concerti di Powerwolf e Nightwish ci hanno insegnato molto bene come sgusciare con agilità attraverso mari di persone. Inoltre, le stanze erano veramente collegate in un modo non intuitivo, quindi se siamo riusciti a seminare la guardia è anche perché ci eravamo davvero persi.

Da qualche parte attorno alla stanza delle armi e delle uniformi ci siamo sbarazzati di un’altra guardia e abbiamo iniziato a sentire l’odore di una miscela di fiori, aria fresca e forse un po’ di biryani. Libertà, finalmente!

Missione compiuta!

Ma prima, fammi fare un Selfie!

Con il senno di poi, ci siamo resi conto che quell’enorme massa di persone era impegnata a scattare selfie davanti alla statua dell’ unicorno alato (tipico status symbol del folklore britannico-indiano), ma probabilmente stava scegliendo il colore del suo braccialetto e la somma di rupie a cui dare l’ addio.

Alla fine, abbiamo deciso di omaggiare la Grande Madre India per il nostro conveniente ma onesto errore e, seguendo la tradizione locale, abbiamo scattato altri selfie prima di partire verso nuove avventure. Alla fine, nessuna rupia o braccialetto colorato é stato danneggiato o molestato nel processo.

Forse il nostro gesto è stato apprezzato dall’alto, forse a nessuno importava davvero di noi, chi lo sa? Ma comunque, siamo tornati alla nostra ricerca infinita e sempre travagliata del nostro Nirvana personale, andando lontano lontano dall’India.

Questa volta, senza esercito, polizia o fragranza di servizi igienici su di noi.

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